Doppio Misto

La malerba
di Lisa (poesia di Vikkius)

Vivo ancora esiliata nella mia adolescenza, e tu sei ora prigioniero di questo mio corpo.
Non sei uomo, non sei donna, sei un accenno di cuore che pulsa contando i minuti che ci separano.
Chi sei tu?


Cosa ti ha dato il coraggio e la forza di impadronirti del mio ventre, legandoti a me per crescere come una crisalide nel suo bozzolo, nascondendo agli altri ogni tuo mistero?

Sei puro, lo so.

Sei libero da ogni passato, sei un vento che all'improvviso si è alzato dal mare , trascinando con te canti di sirene, voli di uccelli, profumi salmastri e vele bianche gonfie di terre lontane.
Sei l'onda che è ritornata alla riva per rinascere altrove.
Sei tutto ciò che non ho mai visto, ma che è nato con me.

Tu non conosci la menzogna delle parole, il tuo fiato non si diffonde, acre di arroganza, in questo pezzo di cielo ruvido come un diamante grezzo.
Ti porto dentro come un'anima caduta per caso dal buio dell'infinito.
A volte mi è sembrato di averti aspettato, curiosa di riconoscerti , proprio come se ti avessi già incontrato fra le mie braccia, come se per anni ti avessi conservato come una coperta calda per i miei lunghi inverni.

Hai paura?

Anch'io ne ho.

Ho paura del mio corpo che muta, che fa anche di me una sconosciuta che attraversa la mia stanza.
Vorrei avere il tempo di raccontarti della mia immagine che ho guardato riflessa nello specchio, cercando di capirti , di rassicurarti.
Vorrei parlarti ancora, raccontarti di fiabe che scorrono frenetiche nelle vie giorno dopo giorno, dei granelli di sabbia che vivono nelle mie scarpe, delle fragole che fresche ancora crescono fra le mie labbra di bambina e forse dovrei toccarti ora, mentre insieme scivoleremo fra la nebbia che ci avvolgerà e poi ti dimenticherà.
Si, dovrei conoscere le parole che io stessa avrei dovuto imparare nelle mille vite che forse ho già vissuto e che avrebbero dovuto rendermi così libera da poterti insegnare la gioia, liberandoti da ogni assenza, lasciandoti sorridere solo al cadere di una carezza sui tuoi occhi, prima di dormire.

Chi sei?

Ho paura a dirti l'oscurità della mia solitudine che tu ora abiti come un seme.
Ti penso candido come neve, caduto lievemente come un fiocco dentro di me, caldo di luce.
A volte mi è sembrato di aspettarti da sempre, cieca di ansia, ardendo dal desiderio di mostrarti il mio seno gonfio di latte e mi sono spalmata di olio e miele per darti i miei anni , il mio sapore, il mio odore, lasciandoli bruciare d'amore fra i muschi e le radici della mia stanza.
Io e te, una sola vita. Simbiosi che ci ha unito e che ora mi fa sentire il tuo perdono.
Sei qui chiuso in questo spazio, che racchiude il nostro mondo. Non c'è nulla a segnare il trascorrere del tuo tempo, non giorno, non notte.
Mi sembra di non sapere più da quanto tu sia qui. So che esiste nell'universo l'istante in cui hai preso il tuo posto, ereditando il mio sangue e la mia follia.

Te ne stai raggomitolato senza sapere chi sei o cosa sarai.

Io ti ho portato rinchiuso come un segreto e ora ti parlo di una vita, traducendoti il mondo attraverso la mia pelle, la mia carne, la mia sconfitta.
Il mio cuore pompa la tua esistenza, forse ti ha lasciato comprendere che fuori di noi non c'è la dolcezza di quel morbido rotolare nella tua liquida culla che ora ti coccola, ti nutre e ti libera da ogni castigo, da ogni dolore.
Una sconosciuta alchimia ti ha tenuto , fra la notte e il giorno, tra lo stare e l'andare, sospeso.

Intanto io ti parlo.

La mia voce, flebili suoni che vorticano l'aria, per giungere fino a te come un' eco che rimbalza fra queste pareti di sangue e lacrime.
Qui tutto ha un nome, tutto è catalogato come in una immensa biblioteca e privato di ogni essenza. Ma io non voglio darti nomi, io già ti conosco e ti sto già abbracciando.
Voglio lasciarti solo immaginare così come anch' io ti ho immaginato, dipinto su un foglio stropicciato che ho nascosto nella mia tasca.

Tu sei ciò che è già scritto dentro di me.

A volte ti ho pensato come un peccato che con la tenacia di un'agave si è aggrappato alla mia tenera carne di donna, radicandoti nei miei pensieri, incurante degli oggi e dei domani.
Ho avuto paura di questo tuo essere senza un inizio o una fine , del tuo mondo senza confini.
Vorrei non lasciarti mai, vorrei farti rimanere per sempre dentro di me, anche negando la tua presenza.
Vorrei lasciarti in questa eternità, in questo caos che liquefa i rumori e allontana le mie colpe, le mie paure, le stesse che ora si annodano alle mie dita che rabbrividiscono strette all'acciaio di questo squallido letto.

Ti strapperanno come si estirpa una malerba dai campi di grano.

Non brillerai più ondeggiando come un papavero rosso fra l'oro del mio giovane ventre al caldo sole di giugno.
Il tuo battito svanirà come l'ultima nota di un concerto, si perderà nel silenzio di questa luce che sto fissando mentre piango vivendoti come l'amputazione della mia unica anima.
Ti tengo qui stretto in questo ultimo puro abbraccio ancora un po', poi ritornerai al tuo inizio, un volo e poi più niente sotto le ali.
Lascerai di te solo una ferita che curerò nell'ombra con la rabbia e le lacrime, finchè non resterà che un ricordo d'accarezzare e un foglio stropicciato che avrà di te solo il tuo nome, quello che ho sempre e soltanto immaginato.