Doppio Misto

Le ombre della sera
di Anna Maria (poesia di Enrica)

Fu quando stava per iniziare la prima terapia che il cellulare emise il lieve suono che annunciava un messaggio. Elena si obbligò di ignorarlo. La sala d'aspetto era piena di pazienti ai quali doveva cercare di alleviare dolori cervicali e gonfiori agli arti. Mentre le sue mani massaggiavano schiene, spalle e gambe, la sua mente andava a tutto ciò che l'aspettava alla fine del suo pomeriggio di lavoro: supermercato, documenti per il commercialista, bucato, cena e finalmente il sospirato letto.

Proprio quando fu a letto, sfiorando con lo sguardo il cellulare deposto distrattamente sul comodino, si ricordò di avere ricevuto un messaggio e di non averlo ancora letto. Svogliatamente pigiò il tasto e lesse: mi sono separata da Guido, ti spiego tutto dopo, Eva. Lesse più volte, quasi a cercare di convincersi che fosse proprio sua sorella a comunicarle quella notizia. Non si sentivano molto spesso, da quando era morta sua madre Eva era andata a trovarla solo un paio di volte ed altrettante Elena era andata da lei.

Si chiese cosa fosse accaduto fra Eva e Guido per giungere alla decisione di separarsi. Nessuno più di lei sapeva con quale determinazione Eva avesse deciso di sposare Guido. Anzi, per dire come erano andate realmente le cose, l'aveva portato via a un'altra donna. Sulle prime Elena aveva nutrito delle riserve sul conto del futuro cognato per la facilità con cui aveva assecondato sua sorella, ma, conoscendolo meglio, aveva cambiato opinione. Fu inevitabile andare indietro nel tempo per raccogliere ricordi e segnali.

Una notte d'estate. Eva e Guido, tornando a casa, avevano trovato Elena in terrazza.
"Ancora in piedi?"
"Sì, a letto fa troppo caldo"
"Cosa leggi?" aveva chiesto Guido indicando il libro aperto sulle sue ginocchia.
"Poesie. Ho trovato questo libro in una bancarella, è di una poetessa sconosciuta, almeno per me. Guarda, è stampato in economia, probabilmente l'autrice l'ha stampato a sue spese"
Guido aveva preso il libro dalle sue ginocchia e l'aveva sfogliato.
Avevano scoperto ben presto di avere in comune l'amore per la poesia e spesso s'intrattenevano in lunghe conversazioni letterarie. Guido le rimproverava di non avere indirizzato la sua strada verso la letteratura, Elena ribatteva che era stato necessario scegliere una professione che la inserisse subito nel mondo del lavoro, ma nel dirlo non poteva nascondere una punta di rammarico. Eva li aveva denominati "gli intellettuali", ma con affetto. Era così sicura dei sentimenti di Guido che non provava nessun moto di gelosia.

"Nella sala d'attesa aspetto/ che passi di nuovo per me/il vagone della voglia di vivere..." Guido si era interrotto.
"Continua"
"Non ti sembra un'immagine un po' scontata?"
"No. Ascolta com'è bello il suono del primo verso: nella sala d'attesa aspetto. Il sibilo di tutte queste esse è il fischio stesso del treno, il fischio che annuncerà l'arrivo di una nuova possibilità di vita"

Elena non sapeva dire con esattezza come e quando i suoi sentimenti per Guido si fossero trasformati in qualcosa di più di un affiatamento intellettuale e di un tenero affetto. Ma quello che l'aveva sgomentata era l'intuizione che anche per lui non si trattava più soltanto di un'amichevole intesa.

"Elena...ti voglio bene...di più...se tu...se noi..."
"Zitto, stai per sposare Eva..."

Il giorno dopo arrivò la telefonata di Guido. "Sono in città e vorrei vederti, sempre che ti faccia ancora piacere passare qualche ora con me"
"Ne dubiti? Voglio parlarti anch'io, Eva mi ha detto della vostra separazione. Ma come mai sei qui?"
"La banca mi ha mandato in missione e data la situazione ho pensato che era un bene cambiare per un po' città. Almeno per il momento risparmieremo ai bambini penose spiegazioni"

Guido andò a trovarla la sera dopo e poi il sabato. La domenica Elena lo invitò a pranzo. Sentiva l'urgenza di affrontare la questione di quella separazione.
"Che succede fra te ed Eva?"
" Non voglio parlarne. E del resto ci avrà pensato tua sorella a spiegarti"
"Invece no. E' stata molto laconica quando ci siamo sentite"
"Senti, lasciamo perdere. Ti chiedo solo di farmi compagnia per il tempo che resterò qui"

S'instaurò fra loro l'abitudine di incontrarsi la sera dopo il lavoro. Qualche volta andavano al cinema, più spesso restavano a casa a parlare di letteratura ed arte come ai vecchi tempi. Di Eva Guido non voleva parlare.
"E' andata così. Non voglio voltarmi indietro, voglio pensare al futuro"
Elena viveva in una strana dimensione, sospesa fra un presente che amava ed un futuro che temeva. Eva le aveva detto che fra lei e Guido non c'era più amore e che quindi la cosa più giusta era staccarsi. Le era apparso così strano sentirle dire questo, con un distacco tanto grande quanto lo era stata la sua risolutezza a legarsi a lui per la vita; aveva detto così allora: per tutta la vita.

"Hai ancora quel libro che trovasti in una bancarella? Quello della poetessa sconosciuta"
"Certo che sì. Il problema è trovarlo, fra i tanti libri sparsi per casa. Sono passati alcuni anni..."
"Dai, cerchiamolo"

Fu quasi una caccia al tesoro, ma alla fine il libro fu trovato. Era infrattato fra un saggio sulla letteratura spagnola e un catalogo sul barocco siciliano.
"E' parecchio strano collegare il tuo lavoro, così manuale e per certi versi 'scientifico', con la tua passione intellettuale. Che dici,cerchiamo quella poesia? Ricordi? Quella del treno..."

Elena prese a sfogliare il libro, fingendo di cercare fra le pagine, ma in realtà la pagina dov'era stampata quella poesia la teneva bene a memoria.
"Eccola- disse - 'Nella sala d'attesa aspetto/che passi di nuovo per me/il vagone della voglia di vivere..."
"Non ti pare che sia stata scritta proprio per noi?"

Guido sorrise allusivo.
"Qualche volta i treni passano troppo tardi"
"Ma qualche altra no"
Elena pensò al sogno che aveva fatto un paio di notti prima: davanti a lei c'era un uomo che sembrava un albero, la cui mano era un ramo con cinque dita. Teneva stretto in pugno un uomo molto piccolo che con delicatezza deponeva a terra, proprio ai suoi piedi. Come il gigante di una favola. Svegliandosi aveva ricordato che sua madre riteneva i sogni avvertimenti e si era sentita subito di buonumore.

La lettera stava nella sua borsa. Cercando le sigarette la sua mano venne a contatto con la busta. Questa volta Eva aveva preferito scriverle, le diceva che si sentiva sola, che i bambini chiedevano del padre e che lei non riusciva a dare loro una spiegazione convincente di quella separazione. La pregava di parlare con Guido, di chiedergli se era disposto a fare un tentativo per ricucire il loro rapporto. Il suo primo impulso era stato di tacere, che se la sbrighi lei,aveva pensato. Dopo tre giorni e tre notti di dubbi si era ritrovata davanti a Guido, nel hall del residence dove lui risiedeva.

"Mi piace che questa volta sia stata tu a venirmi a trovare. Ceniamo qui?"
Elena ficcò la mano nella borsa e ne trasse la busta. "E' di Eva -disse, consegnandogliela- vorrebbe che ritornassi a casa"
Guido esitava a prenderla. "La piccola Eva decide sempre per tutti" disse.
Con la mano le fece cenno di non volerla prendere.
"E' la conferma che ti ama e non vuole perderti"
"E' quello che ha sempre voluto farci credere. Che forse ha creduto lei stessa. Ma l'amore è la somma di tante cose, basta che ne venga a mancare anche soltanto una e tutto vacilla, muore ogni certezza"
"Io ho sempre creduto alla vostra unione, per questa convinzione mi sono messa da parte"
"Per te è stato diverso, le tue sicurezze ti hanno dato serenità. Noi invece abbiamo visto sgretolarsi giorno dopo giorno quelle mura che credevamo solide."

Stavano seduti fianco a fianco nel piccolo divano di velluto verde. Guido si alzò e le tese la mano per invitarla ad alzarsi a sua volta. "Aspetta -lei disse- ti ho portato un regalo". Lui le sedette di nuovo accanto. Elena svolse un pacchetto. "E' il libro che abbiamo cercato l'altra sera - disse- voglio che lo porti con te." Guido lo prese e si accorse che un nastro lucido di colore rosso segnava una pagina. Aprì il libro. "La poesia dell'attesa" disse.

"No, la poesia del tempo scaduto"

Gli prese il libro dalle mani. "Nella sala d'attesa aspetto/che passi di nuovo per me/il vagone della voglia di vivere/attendo con le mani abbandonate/e il cuore spento/fra le dita il biglietto consumato del tempo"

Allora fu lei ad alzarsi. Oltre la vetrata calava la sera.