1) "Rue d'Enfer"
2) "Affaccia bedda"
3 ) "Grande strada di Philadelphia"

4) "Lettera dall'inferno"
4 ) "Era una bellissima giornata"

6) "Inferno nelle viscere"
7) "L'inferno dentro"
8) "Lo specchio dell'anima"
9) "L'ubriaco"
10) "Selena"
 
 

 

 

 

"Inferno"

L’ubriaco
(atto unico)

di ...

Voce fuori campo: Non so né come, né perché mi ritrovi qui. Credo aver dormito almeno cent’anni ed essermi or-ora svegliato. Crénom! Più non giaccio nel mio letto d’ospedale assistito da petulanti monache, bensì siedo nella platea d’un teatro, frammisto ad eterogenei spettatori imbracati su bizzarre poltroncine simili a quelle rappresentate in recenti dagherrotipi giunti dall’America. Identico è pure l’elmo calato sul loro capo, unitamente a molteplici fili che vanno e vengono per ogni canto. Constato ritrovarmi imprigionato alla stessa sorta e mi sovviene che oltr’Atlantico è considerato umanitario ammazzar reietti in siffatta maniera. Ah, monsieur Guillotin! V’han sorpassato. Colà il moderno boia preferisce la novella elettricità al Vostro nobile acciaio.
Al di fuori della malattia rammento ben poco dei miei trascorsi, tantomeno il nome mio. Ch’anch’io sia un criminale? E costoro che m’attorniano, attenderanno anch’essi un crudele atto di giustizia? Eppure non m’assale timore alcuno. Un povero vecchio inseguito dalla paralisi potrebbe attendere peggior pena d’una preda rincorsa da mute di cani azzannanti i suoi garretti? No davvero, meglio essere raggiunto al più presto da un morso fatale, sia squarci la gola com’affilata lama, sia inietti velenosa corrente.
Beh, sia pure la rappresentazione del mio trapasso, godiamoci lo spettacolo, tanto più che si sta illuminando il palco. Pare la scena svolgasi nell’ingresso d’un albergo, infatti, dietro al comptoir ancora in penombra, intravedo un par di persone abbigliate da ricezionista. Uno parmi un uomo e, adesso che si rivolge a noi, il cavernoso tuonar della sua voce conferma la mia intuizione:

Primo Ricezionista: Buongiorno spregevoli signore e signori. Questa è una delle innumerevoli reception dell’hotel più affollato dell’universo dove state per partecipare ad uno spettacolo che più reale non si può. Altro che le tivù pubbliche o private di cui eravate succubi!

Secondo Ricezionista: Beh, scusami capo, ma non disprezziamole troppo queste televisioni. In fondo da loro abbiamo copiato i reality fondendoli pure con un concorso a quiz a cui, appunto, ora parteciperà il nostro adorabile pubblico.

Voce fuori campo: L’illuminazione sta migliorando, sebbene non ancora abbastanza da confermare la femminilità del secondo ricezionista, ipotesi al momento avvalorata soltanto dal leggero favellare. Ad ogni modo non comprendo l’argomentare infarcito d’anglicismi e non credo d’aver mai veduto quegli strani aggeggi simili a riflettori spenti che puntano alternativamente verso noi del pubblico e verso la scena. Bah! Saranno novità giunte dall’America.

Primo Ric. Giovane, parla solo se te lo dico io, o ti faccio sedere la in mezzo.

Voce fuori campo: Adesso li vedo bene. Ricordo vagamente d’essere un assiduo frequentatore di teatro, eppure trovo anomale sia la bruttezza animalesca dell’arrogante presentatore, sia l’asessuata bellezza della gentil valletta, uomo o donna che sia.

Primo Ric. Bene, ecco come funziona la faccenda: tra poco arriveranno dei clienti e noi ascolteremo le loro storie che serviranno di spunto per porvi delle domande a cui dovrete rispondere premendo i pulsanti colorati che trovate in fondo ai braccioli delle vostre poltrone. Anche se avete i polsi bloccati, i legacci sono abbastanza laschi perchè possiate farlo. Oh! Ecco il primo cliente della giornata. Com’è bello sconquassato!

Voce fuori campo: Chi sarà mai quest’uomo ch’entra in sala barcollante, malconcio e stracciato e, nonostante ciò, piuttosto allegro?

Primo Ric. Caspita! E quel che più importa, ancora completamente ubriaco! Sentite come canta!

Cliente: Ma femme est morte, je suis libre!

Secondo Ric. Attenzione! Parte il primo quiz. Pulsante verde se pensate che parli in francese, rosso se in inglese. Vi ricordo l’obbligo assoluto di schiacciare o l’uno o l’altro dei bottoni e di farlo entro due secondi, altrimenti ...

Voce fuori campo: Il pubblico pare avvezzo al gioco e non se lo fa dire due volte. Ho riconosciuto la mia lingua madre e automaticamente spingo anch’io uno dei bottoni, sebbene ignori a quali conseguenze ciò potrà condurre. Una buona metà sbaglia e una persona non fa in tempo a premere.

Primo Ric. Ahi! Collega, intervista quel tanghero e vediamo se vuol fare il furbetto o se è semplicemente un lumacone.

Voce fuori campo: Il malcapitato spettatore farfuglia qualche scusa puerile. Immediatamente una scarica elettrica lo fa sussultare. Ma in che bolgia sarò mai capitato?

Secondo Ric. Per mia intercessione ed essendo questa la prima domanda di rodaggio, ci siamo tenuti leggeri col voltaggio, inoltre non terremo conto di chi ha spinto il pulsante rosso dell’opzione sbagliata, quella inglese, poiché la domanda era soltanto per darvi un’idea prima di proseguire. Ora coloro che non capiscono girino il selettore delle lingue su Italiano.

Voce fuori campo: Il cliente continua la sua canzone e a me sembra di riconoscerla. Accidenti, mi pare che domani dovrei ricevere la visita di un editore, ma per cosa e perché me ne ricordo adesso?

Cliente: Mia moglie è morta, e son libero!
Posso bere fin che ne ho voglia,

Primo Ric. Avanti pubblico, con cosa si sbronzerà mai il nostro cliente? Pulsante verde per l’absinthe, rosso per il pastis. Per aiutarvi vi dirò che visse molti anni a Parigi.

Voce fuori campo: Questa volta tutti schiacciano in tempo, ma una buona metà sceglie il marsigliese pastis. Sebbene cominci a divertirmi, questo gioco mi sembra completamente idiota.

Primo Ric. Provincialotti! Avanzi di Tivù spazzatura! Ebbene, adesso i rossi riceveranno una scossa elettrica. Qui non si danno premi, soltanto punizioni. Collega, vai con la corrente!

Voce fuori campo: Chissà grazie a quale trucco, una dorata aureola cerchia senza contatto la testa della ricezionista seguendola fedelmente nei suoi movimenti. Questa seconda volta, l’apparentemente angelica conduttrice, va pesante con la manetta della corrente, provocando un coro di lamenti e stridor di denti. Intanto, il cliente continua a cantare.

Cliente: quando tornavo a casa senza un soldo
con le sue grida mi straziava l’anima.

Secondo Ric. Davvero un bel tipo. Avanti caro pubblico, se credete che l’abbia ammazzata premete il pulsante rosso, altrimenti, se pensate a una morte naturale, spingete quello verde.

Voce fuori campo: Coloro ch’hanno scelto il verde ricevono una scossa tremenda.

Primo Ric. Razza di ipocriti, vi siete ben guardati dallo scegliere secondo la vostra natura criminale. Voi che avreste volentieri accoppato vostra moglie per scappare con la collega d’ufficio. Noi vi leggiamo nel pensiero, anzi, Noi vi inducevamo i pensieri ben prima che passaste la sponda e arrivaste qui!

Voce fuori campo: Passaste la sponda? Che si sia già tutti morti? Eppure, almeno il cliente sembra ben vivo e non arresta il suo canto.

Cliente: Or mi sento felice come un re:
l’aria è pura e il cielo splendido...
Era proprio un’estate così
quando mi innamorai di lei.

Primo Ric. Veramente quella che questo ubriacone vede alle nostre spalle è una gigantografia delle Bermuda. Ad ogni modo è romantico l’amico, eh!

Secondo Ric. Un vero paradiso, vero capo?

Primo Ric. Taci, i nostri principali potrebbero trovare fuori luogo la tua ironia e prendersela con me. Ed ora la domanda: rosso se questo splendido assassino, questo fiore del male, l’ha ammazzata a mani nude, verde. Se, invece, l’ha sparata, gasata, elettrificata, ecc. allora rosso.

Voce fuori campo: Il pubblico è disorientato. I miei vicini prossimi copiano la mia risposta direttamente, mentre quelli accanto ad essi gliela carpiscono a loro volta, innescando una catena. Forse questa fiducia nasce dalla considerazione che non ho ancora ricevuto scosse o forse perché ostento sicurezza. I più distanti dal mio entourage probabilmente rispondono a caso.

Primo Ric. Vedo un professorone tra tutta questa marmaglia! Collega, chiedigli che cosa ha risposto.

Voce fuori campo: Noto un paio di protuberanze sulla fronte del ricezionista uomo, visibili quando muove il capo e riflette le luci della ribalta. In fondo siamo a teatro e non mi sorprenderei di veder spuntare una coda qualora voltasse le terga. Il diabolico ricezionista pare avercela proprio con me. Rispondo che la donna è stata ammazzata usando le sole mani.

Cliente: Perché io l’ho buttata in fondo a un pozzo,

Voce fuori campo: Ho ricordato bene. Tiro un sospiro di sollievo e ringrazio mia madre d’avermi finora impedito di scialare il mio patrimonio pubblicando i miei scritti e costringendomi a studiare e leggere quelli che lei ritiene buoni libri. La figura della mamma non si dimentica mai ... dunque, sarei io un professore? E se sì, abbastanza famoso da essere conosciuto da un umile ragazzo d’albergo?

Primo Ric. Vi credete furbi Voi intellettualoidi, vero! Sbagliato! La donna è deceduta dopo essere caduta nel pozzo, causa lapidazione. Ascolta il seguito.

Cliente: e ci ho ammucchiato sopra perdippiù
tutte le pietre di quel parapetto.

Voce fuori campo: Crénom! Anch’io ricevo la mia dose di elettroni, giuro ch’è tanto dolorosa per le mie ossa, quanto per il mio orgoglio aver perso cotanta memoria.

Cliente: La dimenticherò, se posso!

Secondo Ric. Già, e si è pure dimenticato di pagare il conto al bistrot! Ma da qui non potrà fuggire.

Cliente: In nome dei profondi giuramenti
da cui nulla ci può mai slegare,
per tornare ad amarci
come al tempo delle nostre ebbrezze,

Secondo Ric. Dunque anche lei non disdegnava alzare il gomito! Però dovrebbe già essere arrivata.

Primo Ric. Forse è entrata da un’altra parte, qui ci sono sezioni per ogni specialità di peccatori, recentemente salite di numero quanto i nuovi mestieri.

Voce fuori campo: Peccatori! Che si sia finiti tutti all’inferno? Ma io non credo a queste panzane ... eppure non trovo altre spiegazioni al momento.

Cliente: l’ho supplicata di trovarci ancora,
di notte in una strada solitaria.”

Secondo Ric. Dai che adesso è facile per i più truculenti tra Voi. Pulsante verde se è venuta, rosso il contrario!

Voce fuori campo: Ormai ho capito. Questo pubblico, benché privato quand’ancora era in vita del suo senso critico dall’abuso di questo nuovo tipo di spettacolo chiamato televisione, credendo di non essere diventato del tutto stupido, spinge in prevalenza il rosso, subodorando una trappola.

Cliente: Lei c’è venuta, pazza creatura!
Siamo tutti un po’ pazzi a questo mondo!

Primo Ric. Hi, hi! Più le faccio facili e più ne pesco, poveri sciocchi! La risposta esatta era la più ovvia! Adesso i rossi riceveranno la loro parte di scossa. Intanto facciamo un intervallo pubblicitario.

Voce fuori campo: Mentre passa una reclame, dove un certo Dottor Faust pubblicizza una particolare banca che promette una mente enciclopedica in cambio della nostra anima, io dimentico dove mi trovo e continuo ad ascoltare il cliente ubriaco che continua a cantare: mi sa che ha a che fare con l’editore che dovrei incontrare domattina.

Cliente: Era ancora carina,
sebbene un po’ sfiorita,
ed io l’amavo troppo, ed allor le ho detto:
esci da questa vita!
Nessuno mi può capire: forse che
un di questi stupidi beoni
ha mai pensato in qualche notte d’incubo
di trasformare il vino in un sudario?
Tutti questi cialtroni invulnerabili
come fantocci di ferro
mai e poi mai, d’estate né d’inverno,
han conosciuto che cos’è l’amore,
con i suoi neri incantamenti,
l’infernale suo seguito di allarmi
le fiale di veleno, le sue lagrime,
gli stridor di catene e di ossami!
Eccomi libero e solo!
questa sera sarò briaco morto;

Voce fuori campo: Le rotelline del mio cervello girano: “Paul”? fuochino. “Arthur”? Acqua: dovrebbe mancarmi una gamba...

Cliente: e allora, senza tema né rimorso,
mi sdraierò sul suolo,
e dormirò come un cane!

Primo Ric. L’intervallo è terminato e riprende il gioco! Tanto per svegliarvi un po’, scossa a tutti, verdi e rossi!
Bene, immagino sia chiaro a tutti dove vi troviate adesso e quale sia l’unico modo di giungerci. Dunque preparatevi a schiacciare il rosso per un carro e il verde per un furgone, poiché la domanda è: cosa ha provocato la morte del nostro ubriacone?

Voce fuori campo: Le rotelline collimano: “Charles”. Fuoco! Questa volta non m’imbroglia nessuno. Ricordo bene che è un carro! Infatti:

Cliente: Un carro con le sue pesanti ruote,
carico di sassi e di strame,

Primo Ric. Ti tengo d’occhio professorucolo da strapazzo! E se invece di un carro fosse ... ascolta tu stesso.

Cliente: o un furgone furioso, se vuole,
potrà schiacciar la mia testa colpevole
o anche tagliarmi a metà:

Voce fuori campo: Nuovamente sono stato precipitoso nella risposta. Quest’ultimi versi lasciano luogo ad ogni dubbio. Aspetto la scossa, ma questa non viene. Intanto la ricezionista si avvicina al capo e gli mostra una missiva appena ricevuta. Questi scuote la testa abbagliando la platea, poi schiocca le dita con fragor di tuono ed io mi trovo libero dalla sedia elettrica.

Primo Ric. C’è stata una svista. La nostra compagnia sta riformando l’antica configurazione dantesca e tu non sei destinato a questo nuovo girone dei guardoni di reality show, bensì a rimanere in quello ormai più che centenario dei poeti maledetti. Aspetta lì e non rompere, che tra un po’ verrà qualcuno a prelevarti.

Voce fuori campo: Dunque sono un poeta. Non so se rallegrarmene, chissà che mi aspetta ancora. Intanto la canzone sta giungendo alla fine.

Cliente: Io me ne rido, come del Signore ...

Voce fuori campo: Questo fatidico verso fa trasalire la valletta, mentre al contrario solletica l’orecchio al ricezionista, ma il cliente si interrompe. Io so bene perché: il tapino ha riconosciuto nei due il gatto e la volpe, il finto bene e il finto male, l’angelo e il demonio. Il ricezionista lo incita a proseguire, ma il cliente, ormai sobrio, tace terrorizzato. Or bene, giunto è il momento ch’io, il Poeta, entri in scena!
Coraggio, sono io, Charles, l’autore della tua canzone! Cantagliela che ce ne ridiamo anche di Lui! Del diavolo!

Cliente e Poeta: del Diavolo, e di tutti i Sacramenti!

Primo Ric. Ma come, tu non mi temi? Non credi all’inferno? Sono allibito!

Secondo Ric. Tu non credi nemmeno al paradiso? Sono sconcertato!

Il Poeta: Voi non esistete più dei fumi dell’oppio che fumavano i miei colleghi poeti - io preferisco il vino -. Tu arrogante satanasso d’infima categoria, non sei che un poveraccio, costretto da quest’essere ambiguo e falsamente remissivo a recitare in eterno la parte del mostro immondo perch’egli possa ricattarci terrorizzandoci. Voi siete l’obsoleta invenzione di piccoli uomini assetati di potere, ormai lontani nel tempo e non sarà certo una stupida invenzione come la televisione a ridonarvi consistenza. Ora datemi quel piccolo marchingegno pieno di bottoni. Come si chiama codesto aggeggo?

Primo Ric. telecomando, ma che vuoi fare?

Il Poeta: Lo vedrai. Monsieur Passerau, vi chiamate così se ricordo bene ...

Cliente: Si maestro, ero un povero studente allora. Poi...

Il Poeta: Poi Champavert vi trasformò vostro malgrado in un avvinazzato e un assassino, ma ora Passerau, premete il bottone rosso del telecomando e spengete questa farsa di programma. Anche Voi vi trovate qui per fallo.

Cliente: Allora premo! Oh! ma son tutti spariti, il diavolo, l’angelo e tutto il pubblico. Non rimane nulla, il vuoto assoluto. Maestro, neppur Voi io veggo.

Il Poeta: Ma possiamo udirci. Venite amico mio, seguite la mia voce, seguite i miei versi ed io vi porterò nel paradiso della poesia a conoscere i miei fratelli Verlaine e Rimbaud. Là incontreremo pure il nostro padre spirituale e vostro creatore Petrus Borel, o Conte di Champavert che lo si voglia chiamare, al quale dovete l’unica immortalità possibile: quella della letteratura.

FINE

**
Da “les Fleures du mal” di Charles Baudelaire, eccovi l’originale della poesia che mi è servita come guida nella stesura di questo atto unico: “Le vin de l’assassin”.
La traduzione da me usata è di Mario Bonfantini.
Ma femme est morte, je suis libre!
Je puis donc boire tout mon soûl.
Lorsque je rentrais sans un sou,
Ses cris me déchiraient la fibre.
Autant qu'un roi je suis heureux;
L'air est pur, le ciel admirable...
Nous avions un été semblable
Lorsque j'en devins amoureux!
L'horrible soif qui me déchire
Aurait besoin pour s'assouvir
D'autant de vin qu'en peut tenir
Son tombeau; - ce n'est pas peu dire:
Je l'ai jetée au fond d'un puits,
Et j'ai même poussé sur elle
Tous les pavés de la margelle.
- Je l'oublierai si je puis!
Au nom des serments de tendresse,
Dont rien ne peut nous délier,
Et pour nous réconcilier
Comme au beau temps de notre ivresse,
J'implorai d'elle un rendez-vous,
Le soir, sur une route obscure.
Elle y vint! - folle créature!
Nous sommes tous plus ou moins fous!
Elle était encore jolie,
Quoique bien fatiguée! et moi,
Je l'aimais trop! voilà pourquoi
Je lui dis: Sors de cette vie!
Nul ne peut me comprendre. Un seul
Parmi ces ivrognes stupides
Songea-t-il dans ses nuits morbides
A faire du vin un linceul?
Cette crapule invulnérable
Comme les machines de fer
Jamais, ni l'été ni l'hiver,
N'a connu l'amour véritable,
Avec ses noirs enchantements,
Son cortège infernal d'alarmes,
Ses fioles de poison, ses larmes,
Ses bruits de chaîne et d'ossements!
- Me voilà libre et solitaire!
Je serai ce soir ivre mort;
Alors, sans peur et sans remord,
Je me coucherai sur la terre,
Et je dormirai comme un chien!
Le chariot aux lourdes roues
Chargé de pierres et de boues,
Le wagon enragé peut bien
Écraser ma tête coupable
Ou me couper par le milieu,
Je m'en moque comme de Dieu,
Du Diable et de la Sainte Table!
Questo poema venne effettivamente musicato da Villiers de L’Isle-Adam che soleva cantarla per significare lo spirito di rivolta dei “decadenti”.
La poesia-canzone divenne così popolare che nel 1854 Baudelaire pensò di farne un dramma: L’Ivrogne, - ossia l’ubriaco -. Per quanto ne so questo non avvenne e allora io ho avuto l’ardire di sopperire: perdonatemi Voi, poiché dubito che il buon Charles lo farà mai.

P.s. Crénom: imprecazione – di cui non consco il significato - che Baudelaire indirizzava alle suore che lo accudivano quando si trovava ricoverato in una clinica di Bruxelles. Era l’unica parola che l’afasia gli permetteva d’esprimere.