Piccole Note Biografiche
Nata, ma non per sua volontà e ci tiene a sottolinearlo, il 3 novembre 1958. Portatrice insana e distratta dei ricordi di una famiglia scomparsa che la fanno inciampare spesso nel vivere quotidiano e nelle innumerevoli buche del selciato romano, continua a prendere l'autobus, o se non ha vesciche ai piedi e non ha fatto orrendamente tardi, a camminare per qualche chilometro sino all'impiego che consente alla sua carcassa (e altri aggregati koala) di sopravvivere.
Scrive Scrive e scrive... Legge legge e legge....
ascolta musica (sempre la stessa per giorni) per ipnotizzarsi e sognare di essere qualche altra cosa
ma qualche volta la cambia e allora sono guai
cucina e dipinge...
ricama e compra roba peggio che madame Bovary
si infelicita la vita come la signorina Felicita
pignola senza essere precisa
comprensiva senza pietà
solitaria se in compagnia
stanca sempre proprio quando ha deciso irrevocabilmente di scalare l'Everest
priva di una valida linea temporale (e parlate con qualche psicorobo per sapere quanto ciò è importante per non prendere storte nel domani)
possiede altresì un ottimo circadian interno che la fa svegliare alle 5,45 anche domenica 15 agosto...
decisa a emigrare da se stessa non ha ancora trovato la porta per il fuori
però non demorde
nel frantunque ha organizzato per 7 anni festival di musica classica, scritto una cifradi romanzi poesie racconti eccc... ha pubblicato un paio di robe, ha dormito scoperta e si è fatta pizzicare da tutte le zanzare tigre del circondario.
ha anche studiato... tutto quel che non era previsto nel suo corso di studi universitari
quindi non avendo mai raggiunto il DOTT... si limita a fare la SEGR. senza DOTT
e ride vedendo le altre SEGR dotate di DOTT.
tanto dove lavora i titoli validi sono altri...
al momento ammorbo qui per un po'
ma spero di sloggiare per arrecare danno oltre l'orizzonte quanto prima
 

 

 

Enrica Paresce
Lisa guardò accigliata la porta chiusa della cucina, dagli angoli luminosi filtrava l’odore della pastina in brodo e il sentore dolciastro della frutta
grattugiata.
Piedi calzati da scarpe sgraziate, calze elastiche che facevano sembrare le gambe salsicce di carne lessata. Il passaggio era chiuso da una presenza nota. La voce garbata ma decisa della sua tata le ordinò di ritornare nella sua stanza, il pranzo non era ancora pronto e la cucina con il suo calore e la sua allegria non era il luogo adatto alla padroncina sostenne con fermezza. Ci sarebbe mancato altro di averla fra i piedi anche lì, non avrebbe più potuto spettegolare in santa pace con la cameriera!
Lisa sapeva perfettamente quali erano le vere ragioni, lo leggeva nel tono stridulo di sufficienza che quando la tata le parlava veniva sempre mascherato dai vezzeggiativi sciocchi e dalle maniere untuose che usava con i grandi di casa. Appoggiata alla porta chiusa udì il commento sollevato della donna "ancora un po' in pace" e sospirò. Il suo piccolo volto si incupì, ma non disse nulla. Non era certo il cibo che era venuta a cercare! Odiava persino gli odori ed i sapori di quella roba che la costringevano ad ingurgitare. La cucina non era proprio il posto in cui avrebbe desiderato di più stare... ma.... ma avrebbe desiderato compagnia.
Peccato che naturalmente i grandi non la volessero. Né i suoi genitori né la servitù. Non la voleva nessuno in verità. Lei se ne era accorta presto ma si rendeva conto di essere ancora troppo piccola per fuggire, per ribellarsi. Stringendosi nelle spalle si avviò per i corridoi scuri della grande casa, sospirando. Avrebbe voluto confondersi con quelle ombre che rendevano vellutati gli spigoli. Non voleva tornare a quello che gli altri ritenevano fosse "il suo posto" non voleva rientrare nella sua stanza, luminosa e ricolma di giocattoli. Non c’era nessuno là dentro.
E la tata puliva talmente a fondo che l’unico odore imperante era quello disgustoso del disinfettante. Con un improvviso moto di ribellione si infilò in una stanza deserta dove venivano riposte in un grande e vecchio armadio le lenzuola di casa ed i grembiuli delle persone di servizio. Almeno li tutto profumava di lavanda! Si accucciò in silenzio riflettendo su quella tristezza cupa che gli smangiava il cuore. La verità era che non sarebbe dovuta nascere. In quel mondo tutti facevano ciò che volevano, anche lei nonostante la tata fungesse da supervisore, aveva l’autorizzazione a fare quel che più le piaceva pur di non dare fastidio, non rompere nulla e non farsi sentire. In pratica aveva l'autorizzazione a non esistere.... ma allora perché era nata? Insomma lei non voleva stare li.
Qualsiasi cosa fosse quel dannato luogo. Socchiuse le ante dell'armadio e si andò a sedere sugli asciugamani accostandole poi in modo che solo un filo di luce grigia e polverosa filtrasse all’interno. Era bello. Le sue manine grassocce accarezzarono la carta rovinata attorno a lei. Nella penombra poteva distinguere sempre meglio il disegno che l'ornava. Castelli! Castelli dalle alte torri snelle coronate di bandiere e con i tetti simili alla campanella d’argento che sua zia utilizzava per chiamare la vecchia Maria per qualche incombenza.
Lo specchio macchiato dall’umidità e dagli anni attaccato all’anta sembrava fatto di acqua o di mercurio in quella penombra il suo viso si vedeva a stento nell’oscurità. Sembrava essere diverso, non più quello di una paffuta bimba dagli occhi tristi ma quello di qualche fata che emergeva come la dama del lago dalle profondità del tempo.
Era lei.
Era in un castello.
La signora di un castello magico. Quella era la sua vera casa e intorno vi era un largo fossato pieno di creature misteriose che la difendevano contro i suoi nemici. Lisa sorrise. Dentro di lei risuonò una campanella d’argento. Un suono che nella realtà non aveva mai udito ma che ricordava lo stesso. Ecco.... finalmente aveva trovato il suo posto.

e.... dal mio armadio non sono mai uscita

Bye bye baby...
tira su il carrello e vola via,
lascia i "remember"
sulla nuda terra,
avvitati di immenso
ora che puoi lanciarti
senza avere
paura di cadere.

Conosci le correnti,
i volti irrigiditi dei potenti,
il senso di calore
dato da un grande
incoerente stato
di innamoramento
o disamore.

La rabbia e la follia
ti faranno da spie
radar di un mondo ostile
in cui girar con stile,
osservando distaccata
dall'alto della brezza
l'ultimo grido in giro
in fatto di bassezza.

E non ti preoccupare
se non c'è dove atterrare
si può volare oltre
se solo la si scorge
come linea frastagliata
che a tutti appare sfocata
ma rigida e severa
di tempo la cerniera.


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