1) Un amore, grazie, con tanta schiuma ma senza cioccolato
2) Le angiove di Cecè Laima
3) Briscola chiamata
4) Castelli di sabbia
5) Licia
6) I Magnagati
7) Mele verdi
8) Olive in calce
9) Palermo, Palermo
10) Piccola storia inutile, davanti a uno yogurt scaduto
11) Il sapore perfetto
12) Pizza al pecorino
Fuori concorso: Ageusia (o: la memoria dei sapori)

 
 

 

 

 

"Cin Cin Tortellin"

Le angiove di Cecè Laima
di Francesco Principato

Il sostituto procuratore Alessi non arrinisciva a distogliersi il pinzero del catavero di Cecè Laima mentre spicchiava l’aglio. Si puliziò le mani nel fallarino, mise sul fuoco la padella , versò l’oglio. E ancora il ciriveddro tornava al marinaro suicida. Spellò i pomodorini di Pachino, li tagliò e li svacantò dei griddri, perché se qualichiduno restava, era una camurrìa arritrovarisi i semi fra i denti. Prese un piatto chiano unni posò i filetti di pummadoro. Aggiunse il sale e il pinzero ritornò al sopralluogo del pomeriggio.

Il commissario Salvo lo stava aspittanno nella casa di schetto di Cecè. Perché Vincenzo Cerello, detto Laima per via della bocca grande come la rana pescatrice, viveva assolo nella sua casa di scapolo felice. Felice?
- Suicidio, dottore. Non c’è dubbio.

Il famoso commissario indicò il pirtuso alla tempia e il revorbaro, proprio sutta la mano morta.
Lo sfrigulìo della padella gli fece ritornare la testa alla cena da priparare. Toccava a lui stasera: bavette con il pescespada. Levò l’aglio dall’olio cavudo e lo jittò via. Levò pure la padella dal fornello per fare arrifriddare tanticchia. Perché sennò appena ci unciva il pummadoro gli schizzi avrebbero pittato pure il tetto, ad olio. E chi la sentiva poi a Cettina? Lei aveva ricivimento alla scola e così aveva ordinato la cena al perfetto cuoco Nino Alessi, marito di bello pititto.

Anche il medico legale aveva dato subito arragione al commissario.
- Foro d’entrata dalla regione parietale sinistra…
Nino lo interruppe.
- Commissario, si accerti ca fosse mancino.
Salvo uscì e il dottore continuò.
- E foro d’uscita da quella destra…
- Mancino era.- il commissario ritornò subito. - Lo conferma il di là presente compare che ha fatto la macabra scoperta. E lì c’è il pirtuso del proiettile. – aggiunse indicando la scalfittura sul pavimento.
Prese una picca di olive e di capperi salati, li juncì al pomodoro e rimise la padella sul foco, aumentandolo tanticchia. Raprì il frigorifero, stette a taliare e ritaliare.

- E il pescespada unn’è? Vuoi vedere…
Raprì il comparto dei surgelati e si mise a santiare.
- E viva ‘sta minchia. E Cettina si scordò di nescire il pescespada. E ora com’è che fazzo? Lo jetto in padella con tutto il ghiaccio? E accossì mi viene una lurdìa brodosa…

E mentre arragionava a voce ganta se arricorrere all’odiato microonde, il pinzero se ne fuì nuovamente al morto. Ma fu un pensiero strammo. Alessi cominciò a fare un passo avanti e uno narrè, indeciso se proseguire nella sua pinzata, con il rischio di farsi scuncichiare dal commissario per il resto della carriera, o mettere il pesce nel microonde a scongelare, strafottendosene del cadavere e scanzare il rischio di sfottimenti. Dopo diversi passi di contradanza s’addecise. Scongelò il pescespada, asciucò i tozzi e li juncì alla salsa. Ci juncì macari mezzo bicchiere di vino bianco e cummigliò la padella. Abbasciò il fuoco e andò a telefonare.

- Commissario? L’ho disturbata? Ah! Stava cenando… No, la mia ancora non è pronta, sto cucinando… No, no. Non la chiamavo per questo, anche se lei a cucinare se la cava meglio di mia… Però ci trase proprio il cibo… Cioè… Glielo dico così capisce. Però non mi pigli per il culo. Eh… a lei lo conosco. Ora vengo e mi spiego. Cucinando ho pensato: avete taliato nel frigorifero di vucca di laima? Come chi? Vincenzo Cerello! Come? Certo che sono sicuro di quello che le chiedo… E non faccia mali pinzeri perché le arripeto che non ho manciato. E perciò neanche bevuto. Vabbè, lei piccati di pinzeri non ne fa, ehhhh… E facciamo finta che ci crio. Però avete controllato? No ah? Importante? Importante potrebbe esserlo….Che fa, mi accompagna a controllare? No subito. Lei si finisce la sua cena che io mentre controllo la salsa… Quale salsa? Bavette col pescespada… Sì, pomodorini, capperi eoliani e olive. Il vino? C’ho jittato una spruzzata di inzolia. L’origano? Nonzi, giammai. Dice di sì? Non è che cummoglia troppo il sapore di mare? No? Lei ce lo mette? E allora stavolta provo pure io e più tardi le saccio dire. Buon appetitto.

Tornò alla sua padella. Scoperchiò e annusò la voluttà da rinviare. Ci jittò una piddricata di origano, spampazzò i pezzi di pesce troppo grossi, arriminò col cucchiaro di legno, susciò sulla punta e assaggiò.
- Mmmmhhhhh!
Si tolse il fallarino e astutò il foco. Scribacchiò un biglietto e lo lasciò all’affaccio, in vista per il ritorno di Cettina. Sempre che lui non si fosse già arricampato prima di lei.

Una squadra volante era già davanti alla casa del morto. Il sostituto procuratore salutò i poliziotti ai quali il commissario, ammuccione e alle spalle di Alesi, fece nzinga di sopportazione. Raprirono e il sostituto si abbrivò subito sul frigorifero. Raprì e ispezionò. Si calò a taliare tutti gli scomparti, scoperchiò qualcosa e si raddrizzò.
- Ccà semu!
Niscì fora adascio adascio, con la lentezza d’un tiatrante, un piatto di angiove marinate.
- Commissario, taliasse!
Salvo si avvicinò, si calò.
- Mi parono ancora ngreste.
Il procuratore tistiò con un sorriso di compiacimento. Annuendo posò sul tavolo la pitanza di pesce crudo.
- Pure a mia non mi parono maturate al punto giusto… Secondo lei da quann’è che sono state messe a macerare?
Il commissario ci arripinsò.
- Mah… zara e imbazara… occhio e croce… - finalmente capì - Minchia! Dottore, ragione c’ha avuto. Queste sono state preparate da poco…
- E da poco quanto?
- A taliare che c’è ancora il rossore del sangue… a talialle…
- E lei non si limitasse solo a taliare.
Il commissario strammò.
- In che senso?

Alessi si avvicinò al tinello, raprì un cascione e lo richiuse, cercò in navutro. Raprì e trovò la forchetta. La proì al poliziotto. Il commissario alzò l’occhi al soffitto, afferrò la posata e spirtusò una acciuga.

- Sono ancora ‘ntostate. A occhio e croce… seconno un’approssimata…
Il sostituto gli scippò la forchetta e infilzò un filetto di pesce.
- Commissà! E che minchia ci vuole…
Si ammuccò l’angiova, inzaporò il pesce portandoselo a passeggio per tutto il palato e sentenziò.
- Queste angiove sono state messe nell’aceto da non più di quattro ore. Controlli macari lei.
E gli pruì la posata.
- Pure io? - il commissario si stringì nelle spalle, prese la forchetta e assaggiò - Sì… cinque al massimo.
- Giusto! Giusto poco prima dal decesso. E… volennoci arraggionare… uno non si mette a far marinare le acciughe se poi si vuole suicidare. O no?
- O no? O sì! E pure abbonnate. – straviò le acciughe nel piatto granne - Perché, tranne che non avesse intenzione di mangiarle per due giorni di seguito, che magari sono anche meglio…
- Bastano e assoperchiano almeno per due. Sicuro. Cecè aspettava compagnia per la cena. Sì, commissario, c’ha inzertato pure lei. Guardi il resto, guardi macari lei dintra al frigorifero.
Il poliziotto controllò e niscì il resto del menù, isenno i piatti e appoiannoli sul tavolo..
- Polipo già voddruto e pronto per l’insalata, triglie spanzate e annettate. – annusò- Fresche! E per biviraggio… - tirò fuori una bottiglia di solimano – spumante di passito di Pantelleria.
- Il nostro suicida aveva una cena importante.
- Importante e, forse, con qualche fimmina. Forse importante macari lei.
- Sì. Ma con chi? E’ questo il busillibo…
- Ho l’impressione che…

Il sostituto zittiò il commissario con un gesto. Abbasciò lo sguardo al pavimento scurciato. Abbaddrò la testa di lato. Si assittò sulla sedia del catavero. Abbaddrò ancora chiossà la testa. Cercò di simulare la jittata del proiettile. Si sforzò ancora di più a piegare la testa e poi si susì scatascianno e sbattenno a terra la seggia.

- Non può essere!
Il commissario arrisantò.
- E che mmmm… Mi vuole fare pigliare un moto? Non… non può essere cosa?
- Il suicidio. Non può essere. Quando è stato sparato il colpo Cecè Laima era già senza vita.
- Già morto?
- La sua testa era già a pinnolone.

Rimise la sedia precisa come doveva essere, sui segni tracciati per terra. Si assittò nuovamente, fece nzinga con la mano a pistola puntata alla tempia. Prima stette con il collo tiso e poi cominciò a piegarlo, a piegarlo sempre chiossà.

- Guardi, guardi come mi devo storcìre la testa affinchè la traettoria del colpo si appatti con il signale che c’è sul pavimento. Osservi.
Il commissario taliò di sbiego la testa storta del procuratore e, nel so pinzero, inseguì la pallottola. Fece una smorfia e acconsentì. Si diede un pugno nel palmo dell’avutra mano.
- Dottore, ho l’impressione che lei abbia proprio ragione… E io testa di…
- Lasci perdere la testa sua. - il procuratore si susì - Dobbiamo riconsiderare tutto il caso. C’è probabilità, molta probabilità che si tratti di ammazzatina…
Salvo si stava smancianno il labbro per il nirbuso.
- Minchia. Io. Io che non me ne sono addunato.
- E manco il medico legale.
- Lui forse era ancora addumisciuto nella pennichella pomeridiana… ma io. - Salvo si smancicò l’unghia del pollice, si tastò la ferita al petto - Forse… io forse sono già da pensione.

Lo disse con un scioscio, in un sussurro. Il dottor Alessi smorzicò la sua euforia. Taliò il poliziotto.
- Lei… lei, commissario, è semplicimenti addivintato omo, omo vero. Comunque il mio non era un lisciaebusso. Non volevo rimproverarla. – cercando di sbariarlo dal muso lungo - Su, forza! Non si allamìchi. Neanche io me n’ero accorto, se la cosa lo può consolare…
Il commissario rimase malinconico, con le vele vasce.
- Ma poi lei c’è arrivato…
Il sostituto gli sbattè la spalla.
- Eh! Sapesse come ci sono arrivato…- il procuratore cercò di darici conforto babbianno e jocanno – Tutto merito di mia moglie che si è dimenticata di scongelare il pescespada. – continuando a scherzare – Non le ho cuntato che dovevo preparare la cena? E mia moglie non si scorda di scongelare il pescespada? Lei solo questo doveva preparare. E…
Finalmente il commissario ricambiò il sorriso del procuratore.
- Invece non ha priparato il pesce. E Cecè…
- E Cecè, aveva priparato qualichecosa? Macari pesce…
- Ha pensato lei… Lei! – la colira gli acchianò di nuovo - Minchia, ma io non c’ho pinzato però.
- Ma lei non stava preparando la cena…
- Già! Io stavo mangiando.
E si vutò a dare le spalle al procuratore.

Il procuratore si allisciò la panza. Sospirò. Sarà stato l’antipasto di angiove. Saranno stati il polipo e le triglie. Sarà stato tutto il parlocìo sul cibo e pietanze saporite. Come fu e come non fu, la fame gli era smorcata prorompente. Taliò il ralogio.
- E allora forza commissario, dobbiamo recuperare il tempo perso. Al lavoro. Al lavoro suo. Chè lei ha già mangiato e io no. Io ho ancora la mia pasta col pesce spada da inzaporare, che a pensarci mi gargiolìa in bocca.
Il commissario si arrunchiò le spalle. Abbozzò e cominciò a gridare gli ordini.
- Fazio, Fazio! Chiama Augello e tutti gli uomini disponibili. Dobbiamo arrimischiare nella vita di Cecè Laima. Dobbiamo trovare e interrogare compari, amici, mariti cornuti. Abbiamo da trovare un assassino.
Il procuratore scuscì le dita.
- O un’assassina.
Salvo gli accordò.
- Già. Dobbiamo cercare zite e fimmine buttane. Come si dice: cherchez le femme.
- Cherchez le femme? - Alessi cominciò a ridere ancora prima di sparare la sua battuta babbigna. - Io la fame ce l’ho già. E spero che Cettina non si sia mangiato tutto.
Il procuratore fece per iresinne, arridenno. Il commissario rise solo per finta. Gridò ancora ai suoi poliziotti.
- Criscuolo. Accompagna il dottore a casa. Ma poi torni qua ah! Ah, dottore, ce l’ha poi messo l’origano nel pesce spada?
- Sì. Ce l’ho messo. Domani le faccio sapere com’è. Domani.
- Domani?
- Domani le racconto. E pure lei mi racconterà. Domani.