1) Un amore, grazie, con tanta schiuma ma senza cioccolato
2) Le angiove di Cecè Laima
3) Briscola chiamata
4) Castelli di sabbia
5) Licia
6) I Magnagati
7) Mele verdi
8) Olive in calce
9) Palermo, Palermo
10) Piccola storia inutile, davanti a uno yogurt scaduto
11) Il sapore perfetto
12) Pizza al pecorino
Fuori concorso: Ageusia (o: la memoria dei sapori)

 
 

 

 

 

"Cin Cin Tortellin"

Mele Verdi
di Mario Robusti

"Il serbatoio è un'opera d'arte", disse Carla.
Con il logo a stella che si allungava verso la sella, era un pezzo unico prodotto dalla casa in 20 esemplari. Si estendeva verso l'alto in una gobba di bisonte. Il color arancia metallizzata era stato lentamente tolto, lasciando posto ad una lucidatura che culminava nel tappo del serbatoio, cromato. Il parafango posteriore, perfettamente sagomato, dello stesso colore, copriva l'intero pneumatico fino ametà, dove terminava con un puntale aggressivo e lucidato sui bordi. Davanti, in bella mostra, i travi del telaio rossi, sabbiati dopo l'incidente in Arizona. La forcella era stata cambiata, così come i cerchi, adesso a 10 razze. La moto di Luca era veramente la più bella della città. L'aquila sul parafango anteriore l'aveva vinta al concorso di due mesi prima. Ma non era ancora così bella. Lui l'aveva tirata a lucido così negli ultimi giorni, solo per un motivo. Portare in giro l'unica ragazza che avrebbe attirato più attenzione della moto. Carla. Che in quel momento si stava godendo lo spettacolo della moto che l'avrebbe resa celebre per tutta la contea. Carla su una Harley! Carla che gira con Luca! A metà fra lo scandalizzati e gli stupiti, i vicini di Carla facevano finta di falciare il prato per guardare la scena.
Tutto ciò non sarebbe mai stato possibile. Luca non era bello, aveva un viso lungo e un'ombra minacciosa stampata sul viso, che i suoi occhi azzurri non riuscivano ad eliminare. I capelli castani tagliati male, il giubbotto con i simboli di novel attaccati al petto, e quelli di master dietro alla schiena (un teschio color oro traforato da una pallottola, avvolta dalla bandiera americana, non incute molta fiducia).
Però, quando si incontrarono nella piazza di Feltre, durante il raduno “1%” della settimana prima, nemmeno Carla pensava a saltare su una Harley. Lei e il suo gruppetto di amiche facevano come al solito bella mostra di se sul muretto del municipio, contornate da cinque o sei lambrette.
Luca non pensava ad altro che alle moto, al club, alla birra e a scazzottare qualche plasticone (i ragazzi che non potevano permettersi una moto e compravano gli scooter) che avrebbe voluto intrufolarsi nel raduno.
Solo che Giacomo, l'ala della squadra locale di basket, aveva iniziato a fare qualche battutaccia sui riders. Orso l'aveva sentito, e si era diretto verso di lui con una bottiglia di birra in mano. Un metro e sessantotto per 110 chili di campagnolità contro un metro e novanta per novantacinque chili di raffinata tecnica cestistica.
Il match iniziò con un bellissimo scambio di battute:
"Hey, hai dei problemi?"
"Io? Gira al largo, puzzi."
La bottiglia volò a due dita dalla testa di Giacomo, schiantandosi contro una quercia nel giardino del municipio. L'ala da 15 rimbalzi a partita si girò cercando di allungare un gancio sul muso dell'Orso, che in realtà si chiamava Gianmaria. Ma lui ne sapeva troppo di risse per abboccare. Si abbassò schivando il colpo e partì alla carica, assestando una testata alla bocca dello stomaco di Giacomo, come un toro indiavolato. Gli altri ragazzi si lanciarono sul vecchio rider con il cappellino giallo che recitava: "Io, Forlì e il mondo".
Luca e un paio di novel intervenirono sbloccando l'esito della rissa. I ragazzi, poco più che sbarbati, presero il largo in pochi secondi, dopo aver visto il gruppetto di tre avvicinarsi. Carla e le sue amiche invece restarono lì, un po' impaurite e un po' divertite dalla vigliaccheria dei loro amici.
"Scusateci signorine per questo increscioso incidente. Ma il vostro amico si è comportato sgarbatamente con il nostro Gianmaria..."
Le ragazze risero come pazze. Quell’ammasso di grasso e cattiveria si chiamava Gianmaria!. In più il tono di Franco il lupo era da perfetto maggiordomo inglese. Nella vita faceva il direttore di banca, sposato con 4 figli. Ma a vederlo non ne avrebbe mai dato l'impressione: vestito con un paio di bermuda e le infradito (che usava per guidare anche a dicembre), il giubbotto di pelle e una bandana rossa, sembrava più un cannonato da riviera che un manager di successo.
Luca intanto non aveva staccato gli occhi da Carla. Non ci riusciva, era calamitato. Lei e le sue amiche ridevano.
"Guarda che mi consumi..." gli disse lei, facendo ridere tutti.
Luca divenne rosso in viso e si cacciò le mani nelle tasche del chiodo. "Scusa..."
"Dai, scherzavo. Come ti chiami?"
"Io? Luca, piacere. Tu?"
"Io sono Carla". Sorrise. E Luca perse il controllo.
"Piacere di cono,cono,cono... di incontrarti"
Balbettava, dio mio com'era carino quando balbettava. Carla si era innamorata di quel modo innocente di porsi sotto uno scudo da duro. Quegli occhioni azzurri non erano affatto male.
Il gruppo iniziò a chiacchierare del più e del meno. Si aggregarono altri ragazzi di età un po' più adatta, mentre Franco e Orso si staccavano per andare a bersi una birra alla faccia dello spilungone. Franco, allontanandosi, diede una spallata a Luca sussurrandogli "E' fatta campione".
Il pomeriggio dopo le ragazze erano ancora lì. E due giorni dopo Luca e Carla si incontrarono "casualmente" per strada, vicino al supermercato dove lui faceva abitualmente la spesa. Poi si videro ancora una volta, e un'altra. Fino alla sera in cui lui non la invitò a fare un giro in moto.
Adesso erano lì tutti e due, davanti a quello spettacolo di Harley Softail modificata. Per non impressionare troppo i vicini aveva rimontato gli scarichi originali, senza la doppia pinna finale, e molto meno rumorosi.
"Perchè hai tolto gli scarichi? stavano così bene!"
"Perchè i tuoi mi avrebbero sparato a cinque chilometri di distanza, invece finora non mi hanno sentito e magari non stanno cercando il fucile"
"Sbagliato, mio papà è alla finestra e probabilmente ha già la doppietta in mano!" Scherzò lei.
Ma non più di tanto, visto che il padre era davvero alla finestra a controllare quel poco di buono che si portava via quella screanzata della figlia. Poteva pur studiare architettura, ma'l restava semper'n barbù.
Carla salì sul minuscolo sellino posteriore. Indossava un completo di Jeans chiaro, con una magliettina bianca e un paio di eleganti guanti rosa. Si strinse a Luca che accese la moto, dando due colpi di gas. Partì con calma, per non destare attenzione.
"Beh, adesso che sei fuori dalla mia via, puoi ben accelerare, no?"
Luca sorrise, aspettò di entrare sulla strada maestra, senza dare la precedenza, e accelerò a fondo. Carla gli si avvinghiò ancora di più al petto e lui sentì salire l'emozione. Era la prima volta che portava una ragazza sulla sua moto. Si sentiva battere il cuore più velocemente del motore.
Luca puntò la strada che saliva sul montefeltro, verso le colline di San Marino
"Cos'è, mi porti al confino?"
"Perchè no? Sc...sc...sc... andiamo all'estero?"
Carla rise appoggiando la sua testa alle spalle di Luca.
Il giro doveva durare pochi minuti, ma in realtà era già passata mezz'ora. Luca fece divertire Carla strusciando le pedane per terra, facendo qualche impennata, ma per la maggior parte del tempo cercava di andar piano per gustarsi il contatto con lei.
Ad un certo punta Carla gli bussò sulla spalla.
"Ho fame, andiamo a mangiare qualcosa?"
Anche Luca aveva fame. Ma non aveva molti soldi. Se avesse speso qualcosa non avrebbe avuto soldi a sufficenza per la benzina.
"Perchè non ci mangiamo quelle mele?"
Si fermarono al primo tornante. Luca appoggiò la moto sul cavalletto. Carla scese e gli diede un bacio sulle labbra, poi foggì via dicendo: "Torno subito!".
Era stupenda.Quella ragazza era davvero stupenda. Non l'avrebbe fermata neanche un ciclone. Tornò senza il giubbino, che aveva usato come cestino per le mele. Le mangiarono e si baciarono fino a che la luce del sole non venne sostituita da quella della luna. Poi risalirono in moto.
Luca, per galanteria, diede il suo giubbino a Carla, perchè iniziava a fare fresco. Al primo paesino Luca ricordò di avere suo zio che abitava nei dintorni, e che stava cambiando casa. Magari avrebbe rimediato le chiavi del nuovo appartamento, in cambio di un aiuto nel trasloco. Si fermò al primo bar, scese con Carla per mano ed entrò per bere qualcosa e chiamare lo zio.
Era veramente fortunato quella sera. Il barista era un biker conosciuto al raduno. Gli passò un paio di gettoni che non avrebbe potuto pagare, e gli offrì un giro di birra. La prima chiamata andò male. Suo zio era alla casa nuova. Però avevano già montato la linea e poteva provare a chiamarlo là. E lo trovò.
"Ma... chi è questa qua?"
"Eh,zio... è, la mia rag...rag...è la fidanzata, spero"
"Occhio che le donne son tutte stronze. Fat'no 'nciulè. 'T lasè'l purton vrisè"
"Grazie zio, grazie."
"Ma'dmenic gom 'purtè i credense al prim pian"
"Va bene zio, va bene. Ciao"
"Ciao"
Tornò da Carla che stava già sorseggiando la sua birra. Parlarono per un po'. Lei faceva il primo anno di economia a Bologna. Aveva già partecipato a qualche concorso di bellezza ed era stata notata, con quei suoi occhi verdi non era stato difficile. Luca se la stava divorando con gli occhi.
"Dove mi riporti? Non mi riporti a casa vero? Voglio fare un giro con la notte." Disse lei allungando sotto il tavolo una mano sulla sua coscia, sorridendo con nascosta malizia, ad occhi bassi. Come se stesse facendo una cosa vietata.
"Va bene"
Ripartirono di gran carirera.
Luca iniziava a sentire un po' di freddo, perchè il suo giubbino era ancora sulle spalle di Carla. Per galanteria allungò un po' il giro prima di arrivare alla casa di suo zio. Ma l'idea di mangiare le mele verdi si stava dimostrando poco eccezionale. Aveva un gran mal di stomaco. Poi senza guibbino...
Arrivarono all'appartamento. Carla gli aveva già infilato le mani nella camicia, sbottonandogli qualche bottone. Stava pensando che quella sera sarebbe stata la sua prima sera. Anche Luca pensava lo stesso, nella confusione di pensieri che gli girava per la testa. Si baciarono e si sfiorarono. Poi salirono le scale fino al primo piano.
La casa era ancora spoglia. Nel corridoio centrale si affacciavano a sinistra le porte del salotto, della cucina e del bagno. Di fronte aveva la porta di una camera da letto per gli ospiti, e in fondo sulla destra quella della camera da letto dello zio, dove già c'era un materasso doppio. Andarono lì per fare all'amore. Furono le due ore più belle della vita di Luca. Carla se lo rigirò come un calzino. Lui, nella sua innocenza, ne sapeva poco o niente. Lei invece era già più smaliziata. Le sue amiche ne parlavano sempre e cercò di mettere in pratica, per altro molto bene, le cose apprese sul muretto davanti al municipio.
Alla fine, esausti, si sdraiarono abbracciati.
Mentre si coccolavano, Luca le disse:
"Non credevo potesse essere così. Sei stata magnifica." Carla prese male le sue parole. Era stata la cosa più sbagliata che potesse dire:
"Ma per chi mi hai preso? Per una di strada?"
"No..no...no non intendevo questo, scusa"
A metà fra lo scherzoso e il serio lei gli tirò una gomitata nello stomaco.
Il mix mele verdi-freddo-birra avevano portato lo stomaco di Luca ad elaborare una brutta combinazione. E uscì la tragedia.
Luca si chinò in avanti e da dietro... colorò di nuovo metà del letto.
"Che schifo!!! Ma come puoi... che schifo, maiale!"
Nel tentativo di fermare tutto Luca scappò verso il bagno, ma non era ancora attivo il collegamento con l'acquedotto. E non c'era acqua. Mentre cercava la sua maglietta per pulire vide Carla che sdegnata si rivestiva.
"No, Carla, ti pre...ti pre... aspe... E' colpa delle mele, del fred... del fred..."
"Non farti più sentire, porco schifoso!"
Era fatta. Carla se ne andò lasciando il povero Luca letteralmente nella merda. Almeno una lezione l'aveva imparata: mai mangiare mele verdi con il freddo!